dalla Redazione

Si è conclusa lo scorso 6 ottobre, la prima visita del Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite in materia di business and human rights in Italia (27 settembre – 6 ottobre 2021).

Per la prima volta il Gruppo di Lavoro ha visitato un paese dell’Europa Occidentale e l’ha fatto, tra l’altro, in un momento storico assolutamente particolare, posto che si trattava della prima visita dopo lo scoppio della pandemia da COVID-19.

Al termine della sua visita in Italia, il Gruppo di lavoro, ha formulato le sue dichiarazioni preliminari (le raccomandazioni finali sono previste per giugno 2022), ponendo una particolare attenzione su alcuni punti, tra cui: i diritti dei lavoratori, il problema del caporalato, l’esigenza di raggiungere una sostanziale parità di genere, anche nel mondo del lavoro, il diritto alla salute e a vivere e lavorare in un ambiente salubre, nonché la carenza di rimedi giudiziali e non giudiziali solidi ed effettivi in materia di business & human rights nel nostro paese.

Si è innanzitutto evidenziato come, nonostante l’Italia sia un paese occidentale, che gode di un importante quadro legislativo relativo al diritto del lavoro, alla lotta alla discriminazione, alla salute e alla sicurezza sul lavoro e all’ambiente, in alcuni casi la legislazione in materia andrebbe rivista, mentre in altri, pur essendo sulla carta sufficiente, comunque manchi di effettivitàpoiché “effective access to remedy for abuses is often absent”.  Ciò significa che le imprese non sempre rispondono del loro operato, come sottolineato in una serie di casi che sono stati portati all’attenzione del gruppo di lavoro nel corso della visita.

In relazione al caso “ILVA”, la gravità della situazione di Taranto, come di altre realtà italiane, pure colpite dagli effetti di una industrializzazione senza regole (Avellino e Val d’Agri), non è passata inosservata, tant’è che un’intera giornata del Gruppo è stata dedicata alla visita della città di Taranto. Il Gruppo, nelle sue osservazioni preliminari invita ad attribuire la massima priorità ai diritti e alla salute della comunità tarantina, esortando i commissari nominati dal governo e Acciaierie d’Italia, d’intesa con il Ministero per la transizione ecologica, ad elaborare un piano urgente per conseguire la piena decarbonizzazione, in linea con gli obiettivi climatici dell’Italia.

L’impatto negativo dell’ex Ilva su salute e ambiente e lo stretto collegamento, dimostrato in innumerevoli rapporti, tra la produzione e l’insorgenza di patologie, spesso mortali (tali da determinare nelle aree circostanti morti in eccesso rispetto alla media regionale), tra la popolazione locale, è ormai più che assodato. Ciononostante – e nonostante la condanna dei dirigenti dell’azienda e di alcuni politici per i reati di disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro nel processo “Ambiente svenduto”, conclusosi solo nel 2021, nonché la condanna dell’Italia da parte della Corte europea nel caso Cordella e altri c. Italia – la messa in sicurezza e la chiusura dell’area a caldo dell’acciaieria tarda ad arrivare.

La popolazione di Taranto è da anni sprovvista di rimedi effettivi per far valere la sistematica violazione del proprio diritto alla salute e a vivere in un ambiente salubre, diritti che, dal 2012 ad oggi sono posti in secondo piano rispetto a ragioni di ordine essenzialmente economico.

Sotto altro profilo deve essere accolta con favore la richiesta del Presidente del Gruppo di Lavoro, che ha invitato il Governo a creare “un’istituzione nazionale per i diritti umani forte e indipendente, investita di un mandato esplicito che le permetta di intervenire”, e a “promulgare una legge in materia di adeguata verifica obbligatoria rispetto ai diritti umani e all’ambiente”.

In attesa delle raccomandazioni finali che il Gruppo di lavoro formulerà nel mese di giugno 2022, non può che auspicarsi un tempestivo intervento in linea con queste primissime osservazioni.