di Florida Avdullaj
Lo scorso 24 novembre è stato presentato alla Camera dei Deputati il rapporto “Italia e parità di genere: ridefinire le priorità e accelerare il cambiamento” di UN Women Italy, elaborato in collaborazione con Deloitte. Il documento, oltre a fornire un quadro accurato sulla condizione dell’occupazione femminile, offre precise linee guida da adottare per ridurre il gender gap nel nostro paese.
Il divario di genere, seppur con notevoli miglioramenti, resta in Italia un fenomeno particolarmente marcato nelle sue direttrici economiche, sociali e culturali. Nel primo trimestre del 2025, il 53,7% delle donne tra i 15 e i 64 anni risultava occupato, contro il 71,2% degli uomini, posizionando il nostro paese tra i primi in Europa per differenziale occupazionale. Il Global Gender Gap Report, elaborato dal World Economic Forum ogni anno per analizzare la parità di genere sulla base di quattro criteri (partecipazione e opportunità economiche, istruzione, salute e benessere, ed empowerment politico delle donne), colloca l’Italia all’85° posto su 148 nazioni, sottolineando problematiche nella partecipazione economica femminile.
In Italia le donne, oltre ad avere un reddito pro capite medio pari al 56,7% di quello maschile, sono penalizzate anche a livello di copertura di posizioni di rilievo: le imprese femminili rappresentano il 22,2% del totale in quanto le imprenditrici trovano spesso difficoltà nell’ottenere capitale durante le fasi iniziali, a causa di pregiudizi di genere nei mercati finanziari. Le donne occupano solo il 2,2% delle posizioni di CEO nelle società quotate e appena il 3,5% sono alla presidenza, dati che evidenziano un divario rilavante nelle possibilità di carriera e nella copertura di ruoli apicali, penalizzando la piena valorizzazione della leadership femminile. La stessa tendenza si verifica anche negli ambienti accademici, dove il 46% dei ricercatori è rappresentato da donne, le quali però ricoprono i vertici solo per il 28% dei casi, percentuale che cala al 18% nei reparti di discipline scientifiche. Le studentesse italiane STEM sono il 16,4% a fronte del 36% costituito dagli uomini, dato che rispecchia un forte pregiudizio ai danni delle donne negli ambienti tecnico-scientifici.
L’occupazione femminile, più discontinua e disomogenea rispetto a quella degli uomini, soffre anche per la debolezza di infrastrutture sociali per la vita familiare (accesso indipendente all’abitazione, servizi per l’infanzia e congedi parentali maschili) che condizionano la vita lavorativa delle donne, costrette a ridurre gli orari e a interrompere le carriere, minando la valorizzazione del loro capitale umano e il loro empowerment, con impatti negativi su innovazione, competitività, benessere collettivo ed evoluzione culturale del paese.
“Colmare il divario di genere in Italia richiede una responsabilità condivisa e un impegno congiunto tra istituzioni, imprese, sistema educativo e società civile, al fine di trasformare la parità di genere da semplice obiettivo sociale a leva strategica di crescita economica e competitività” sostiene Silvana Perfetti, Chair di Deloitte Central Mediterranean, evidenziando quanto “la costruzione di contesti inclusivi in cui competenze e opportunità possano svilupparsi pienamente” vada “a beneficio dell’intera collettività e del progresso sostenibile del Paese”.





