Pubblichiamo di seguito il rapporto “Il disastro ambientale dell’ILVA di Taranto e la violazione dei diritti umani“, redatto dalla Fédération internationale des droits de l’Homme (FIDH), insieme all’Unione Forense per la tutela dei diritti umani, Peacelink e HRIC, che mette in luce la negligenza da parte del governo Italiano nello scandalo ILVA, la più grande acciaieria d’Europa. Il rapporto è stato presentato oggi venerdì 13 aprile 2018, alle ore 10:30,  presso la Federazione Nazionale Stampa Italiana, in corrispondenza del primo tavolo Ilva che si è tenuto presso il Ministero dello Sviluppo Economico in data odierna. Le conseguenze dannose delle attività industriali di ILVA erano note al governo italiano sin dagli anni ‘90. Tuttavia, l’adozione di misure volte a prevenire e limitare tali conseguenze è stata deliberatamente ritardata dal legislatore, in flagrante violazione degli obblighi di proteggere, rispettare ed attuare i diritti umani sanciti dal diritto internazionale ed europeo e ratificati dall’Italia. Pertanto, il rapporto ha l’obiettivo di chiedere al governo italiano di adottare senza più ritardo le misure necessarie per limitare drasticamente il disastro ambientale e umano causato dall’ILVA. Lo stabilimento ILVA di Taranto, inaugurato nel 1964, è l’acciaieria più grande d’Europa e una tra le più grandi del mondo e attualmente occupa circa 11.000 dipendenti, rappresentando il 75% del prodotto interno lordo della Provincia di Taranto. In tutti questi anni di attività l’ILVA ha avuto un impatto pesantissimo sull’ambiente e la salute della popolazione di Taranto nonché su quella dei suoi dipendenti. Il report sottolinea come a fronte delle gravi violazioni commesse dall’azienda nei decenni in cui ha operato in gestione privata, documentate ampiamente e note alle autorità almeno dagli anni ’90, lo Stato italiano abbia negligentemente ritardato l’adozione di misure preventive e di precauzione per contenere i rischi derivanti dall’esposizione alle emissioni inquinanti di ILVA, in violazione degli obblighi imposti dal diritto internazionale ed europeo. Inoltre, del tutto assente, o comunque inefficace, è stata anche la risposta sanzionatoria nei confronti della condotta dell’azienda e dei propri dirigenti. E ciò nonostante l’adozione, nel 2016, di un Piano Nazionale per l’attuazione dei Principi Guida internazionali su imprese e diritti umani. “La gravità dell’impatto di ILVA sulla popolazione non lascia dubbi sulla violazione di diritti inalienabili quali il diritto alla vita, alla salute e a vivere in un ambiente sano, riconosciuti non solo dalla nostra Carta costituzionale ma anche dal diritto internazionale e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo” afferma Anton Giulio Lana, Presidente dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani.   Qui il link della conferenza stampa.