di Florida Avdullaj

Si è tenuta lo scorso 15 ottobre la conferenza del Consiglio d’Europa sulla tutela della salute, la quale ha messo in luce come l’organizzazione stia lavorando nell’affrontare le minacce all’assistenza sanitaria.
Non solo la pandemia, i recenti conflitti e la crisi climatica ma anche l’ingresso dell’intelligenza artificiale in campo medico stanno contribuendo a rendere l’accesso alla sanità sempre più problematico, mettendo a repentaglio il diritto alla salute e all’assistenza sanitaria, sancito dagli articoli 11 e 13 della Carta sociale europea.

La tutela della salute è un diritto umano, è “la misura della forza delle nostre democrazie e dei valori che condividiamo” ha detto il Segretario Generale del Consiglio d’Europa, Alain Berset. Durante il suo intervento alla conferenza ha menzionato il Nuovo Patto Democratico per l’Europa, descrivendolo non solo come il collante tra diritto alla salute, diritti umani e una democrazia che abbia un impatto positivo sulla vita quotidiana delle persone, ma anche come un obbligo nei confronti dell’obiettivo 3 dei Sustainable Development Goals (SGDs) delle Nazioni Unite, che vuole garantire salute e benessere a tutti e a tutte le età.

Numerosi sono gli attacchi su più fronti al godimento di tale diritto: primo tra tutti, sostiene Berset, è la disinformazione, la quale dilaga tramite l’intelligenza artificiale, uno strumento estremamente utile per le diagnosi e i trattamenti ma deleterio in quanto a diffusione di informazioni fuorvianti generate dagli algoritmi.

Il Consiglio d’Europa si è occupato del rapporto tra medicina e intelligenza artificiale in un documento pubblicato nel settembre 2024 dal Comitato direttivo per i diritti umani nei settori della biomedicina e della salute (che dal 2022 sostituisce il Comitato per la bioetica) intitolato “On the Application of Artificial Intelligence in Healthcare and its Impact on the “Patient–Doctor” relationship”. Il comitato non solo evidenzia i rischi e i vantaggi dell’uso dell’intelligenza artificiale nei processi diagnostici ma analizza le sue implicazioni in relazione ai diritti umani alla luce degli articoli 3 (Accesso equo alle cure sanitarie), 4 (Obblighi professionali e regole di condotta) e 5 (Consenso) della Convenzione di Oviedo del 1997.

I pazienti, ai sensi dell’art.5, possono essere sottoposti a un intervento sanitario previo consenso libero e informato sullo scopo e la natura dell’intervento nonché sui rischi e sulle conseguenze. Con l’introduzione dell’intelligenza artificiale nelle diagnosi, i pazienti potrebbero incontrare delle difficoltà nel capire cosa questa sia, perché venga impiegata e come venga usata nelle loro cure. La sfida maggiore è la preparazione del personale sanitario nell’informare i pazienti sulle modalità di impiego dell’IA nel loro trattamento, sul motivo per cui viene usata a supporto delle cure e sui benefici e rischi di tale utilizzo, sfida che è possibile affrontare solo revisionando le modalità di informazione a fronte dell’impiego dell’intelligenza artificiale in campo medico.

Con il progresso della tecnologia e il suo ingresso nei più svariati settori, tra cui quello sanitario, è necessario revisionare strumenti legali e convenzioni con un approccio evolutivo. L’impiego dell’intelligenza artificiale in campo medico mette a dura prova la relazione paziente-professionista sanitario, il quale si trova tra le mani uno strumento tanto potente nell’agevolare il suo lavoro quanto rischioso quando esso è usato in sua sostituzione. La vera sfida è la regolamentazione dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale affinché essa sia uno strumento complementare nel garantire il diritto alla salute e non una sua limitazione.