di Federico Cappelletti

Il 13 e 14 dicembre a Venezia, presso la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista – sede delle riunioni della Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto del Consiglio d’Europa (la Commissione di Venezia) – si è tenuta la Conferenza dei Ministri della Giustizia degli Stati membri del CoE, organizzata dalla Presidenza italiana del Comitato dei Ministri, sul tema “Criminalità e giustizia penale – Il ruolo della giustizia riparativa in Europa”, nel corso della quale sono intervenuti anche la Prof.ssa Marta Cartabia, Ministra della Giustizia, Marija Pejčinović Burić, Segretaria Generale del CoE, Rik Daems, Presidente dell’Assemblea parlamentare del CoE e Gianni Buquicchio, Presidente della Commissione di Venezia.

I Ministri della Giustizia, hanno adottato, su proposta della Presidenza italiana, la “Dichiarazione di Venezia sul ruolo della giustizia riparativa in materia penale” volta a promuoverne l’attuazione pratica e una più ampia diffusione negli Stati membri, dando, con ciò, un seguito concreto alla Raccomandazione CM/Rec (2018)8 del Comitato dei Ministri sulla giustizia riparativa in materia penale.

In particolare, i firmatari – dopo aver rinnovato il pieno sostegno agli obiettivi della citata Raccomandazione e rimarcato, tra l’altro, i vantaggi dei processi di giustizia riparativa, evidenziandone la volontarietà la possibilità di interromperli o fermarli in qualsiasi momento così come l’eguale preoccupazione per le esigenze e gli interessi di tutte le parti coinvolte, risiedendo il fulcro dell’intera procedura nella riparazione dei danni materiali e immateriali, nella volontarietà, nella partecipazione, nella riservatezza, nel reinserimento sociale degli autori di reato e nell’imparzialità del terzo mediatore – hanno invitato il Consiglio d’Europa a porre in essere azioni finalizzate ad incoraggiare e assistere i suoi Stati membri nonché ad iniziative sue proprie.

Fra le prime vengono annoverati l’elaborazione di piani d’azione o politiche nazionali per l’attuazione della Raccomandazione CM/Rec (2018)8 sulla giustizia riparativa in materia penale, assicurando la cooperazione interforze a livello nazionale, una legislazione e finanziamenti nazionali adeguati; la promozione di un’ampia applicazione della giustizia riparativa per i minori; l’incentivare, in ogni Stato membro, un’ampia implementazione della giustizia riparativa, considerandola come parte integrante ed essenziale dei programmi di formazione dei professionisti del diritto, compresi magistrati, avvocati, pubblici ministeri, assistenti sociali, forze di polizia, nonché del personale carcerario e di probation, e riflettere su come includere i principi, i metodi, le pratiche e le garanzie della giustizia riparativa nei programmi universitari e in altri programmi di istruzione post-universitaria per i giuristi; l’aumentare la consapevolezza dei processi di giustizia riparativa a livello nazionale, mettendo in pratica progetti volti ad una comunicazione diffusa del ruolo e dei benefici della giustizia riparativa in materia penale, fornendo una risposta che vada oltre le sanzioni penali.

Il Consiglio d’Europa, è, invece, direttamente chiamato a realizzare uno studio globale dei modelli di giustizia riparativa attualmente contemplati dalle legislazioni nazionali e attuati dai governi degli Stati membri, al fine di facilitare lo scambio di conoscenze, buone pratiche, esperienze ed una vera e propria attività di ricerca scientifica su questo tema, pur riconoscendo le specificità nazionali; a sviluppare i “Principi di alto livello del Consiglio d’Europa sulla giustizia riparativa”, proponendo una serie di misure attraverso le quali gli Stati membri si adopereranno per applicare questi principi; a proseguire, attraverso il Comitato europeo per i problemi della criminalità (CDPC), nella periodica valutazione sull’attuazione della Raccomandazione (2018)8 e dei principi ad essa annessi, alla luce di eventuali sviluppi significativi nell’utilizzo della giustizia riparativa negli Stati membri e, se necessario, revisionarla ai sensi dell’art. 67 della Raccomandazione medesima.

Si tratta, senza dubbio, di un ulteriore passo in avanti per abbandonare definitivamente il modello fallimentare della giustizia retributiva – nell’ambito della quale la persona non assume valore in sé, ma solo in relazione ai suoi comportamenti, e dove la sofferenza della pena viene inferta per educare il colpevole l’obbedienza – per abbracciare un diverso approccio culturale in cui la persona vale in quanto tale e per ciò stesso ha dignità indipendentemente dal fatto che i suoi comportamenti siano conformi o meno alle regole del vivere sociale.

In quest’ottica, che mette al centro la persona con la sua dignità, che rimane integra anche dopo aver compiuto un crimine, assumono un rilievo fondamentale la ricerca dell’inclusione, il recupero, la riconciliazione.

Con riferimento al nostro Paese, merita evidenziare come laL. 27 settembre 2021, n. 134 (“Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”), approvata dal Parlamento su iniziativa della Ministra Cartabia, dedichi ampio spazio (art. 1, co. 18-20) proprio alla giustizia riparativa della quale il Legislatore delegato dovrà prevedere una disciplina organica a riprova della centralità che l’intervento occupa nei piani di chi lo ha concepito.