di Emilio Robotti

La recentissima decisione della Grande Camera (http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-209039 ), su ricorso di diversi cittadini della Repubblica Ceca che denunziavano l’obbligo di vaccinazione contro nove malattie (tra le quali difterite, poliomielite, pertosse, epatite b, morbillo, parotite, rosolia, HIB, infezione da pneumococco) imposto ai propri figli minori, afferma principi generali particolarmente importanti nel momento in cui l’obbligo vaccinale, stante la perdurante emergenza pandemica, è sempre più attuale e discusso. Nel caso in oggetto, l’obbligo era previsto dalle disposizioni nazionali, che non autorizzavano alcuna forma di coercizione fisica per l’adempimento vaccinale, ma l’inosservanza era sanzionata con una modesta sanzione economica, o con il divieto di accedere alla scuola dell’infanzia del minore per il quale non fosse stato adempiuto l’obbligo vaccinale senza valida ragione (ad esempio, il rischio clinico individuale al vaccino). L’accesso del minore non vaccinato senza valida ragione era comunque garantito al minore per quanto riguardava tutte le fasi successive del suo percorso scolastico.

La Corte, richiamando la propria giurisprudenza in materia, che configura l’obbligo di subire un trattamento sanitario (quale è indubitabilmente anche l’inoculazione di un vaccino) come una violazione dell’art. 8 della Convenzione, ha tuttavia ritenuto che nel caso deciso non vi fosse la suddetta violazione, sulla base di un argomentato e convincente ragionamento. Secondo la Corte, in primo luogo, lo Stato convenuto intendeva legittimamente garantire al contempo sia la salute dei vaccinati che dei non vaccinati, attraverso il raggiungimento della “immunità di gregge” per le nove gravi malattie in questione. Nel caso in esame, inoltre, vi era l’esigenza di rispondere alle preoccupazioni delle più alte Autorità sanitarie per la diffusione delle nove gravi malattie che con la vaccinazione si intendeva contrastare, così rispondendo alla diminuzione del tasso vaccinale tra i bambini. Preoccupazione delle Autorità Sanitarie condivisa ed anzi sollecitata dalla comunità scientifica.

In secondo luogo, la Corte ha osservato che la sanzione pecuniaria, prevista per la mancata vaccinazione senza valido motivo, fosse di modesta entità, e che lo sbarramento all’accesso della Scuola dell’Infanzia, seppur oggettivamente costituente un pregiudizio per il minore, era comunque di carattere transitorio; tale da poter essere recuperato nei cicli successivi scolastici, risultando anch’esso quindi proporzionato all’esito del bilanciamento dei diritti coinvolti. Un bilanciamento, quello tra il diritto a non subire un trattamento sanitario non voluto e lo scopo di proteggere contro i rischi di malattie che rappresentano un grave rischio per la popolazione ed in particolare per i bambini, che la Corte ha ritenuto a maggior ragione proporzionato osservando che in materia di prevenzione delle malattie tramite vaccinazione esistono tra gli stati membri approcci di diverso tipo: da quelli più blandi attuati attraverso campagne informative e raccomandazioni, all’obbligo vaccinale vero e proprio presente nella Repubblica Ceca ed in altri Stati Membri. La Corte, con la decisione in commento, ha quindi riconosciuto un ampio margine di apprezzamento agli Stati membri della Convenzione, non violato con le misure impugnate, riconosciute come “necessarie in una società democratica”.