di  Maria Paola Costantini

Davanti alla Corte Europea per i diritti dell’uomo (Corte EDU) sono stati presentati una serie di ricorsi aventi ad oggetto il riconoscimento del legame di filiazione delle coppie same sex sia femminili che maschili. In data 8 luglio u.s., l’Unione forense per la tutela dei diritti umani, dopo essere stata ammessa a dare il proprio contributo ai sensi dell’art. 36 § 2 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e dell’art. 44 del Regolamento della Corte, ha depositato 3 interventi amicus curiae.

L’intervento dell’Unione è stato finalizzato sia a dare un quadro della normativa italiana relativa alle questioni sollevate (la Legge n. 40/2004 in materia di procreazione medicalmente assistita; la Legge n. 76 del 2016 relativa alle Unioni civili e la Legge n. 184/1983 concernente le adozioni e la cosiddetta adozione in casi particolari) sia ad analizzare  la giurisprudenza di merito e di legittimità nel tempo, insieme alle pronunce della Corte costituzionale ( sentenze n. 32 e 33 del 2021, ecc.).

L’analisi sviluppata ha consentito di ricostruire e quindi di verificare l’efficacia dei rimedi esistenti in Italia a tutela del minore nato da fecondazione eterologa eseguita da coppie di donne o dalla gestazione per altri e di individuare le possibili soluzioni da adottare al fine di garantire l’identità del bambino anche nelle sue relazioni parentali.

Nelle conclusioni degli interventi in commento si è dato atto della sussistenza non solo di un intricato panorama italiano, caratterizzato da leggi che si sono dimostrate del tutto inadatte a regolamentare la materia ma anche della necessità di adire i tribunali, investiti da una delega che ad ora non ha prodotto soluzioni soddisfacenti. Dalla rassegna giurisprudenziale effettuata, è emersa infatti la presenza di un vulnus di tutela che si ripercuote principalmente sui bambini nati da tecniche di procreazione medicalmente assistita vietate in Italia e sui loro genitori con disparità di trattamento per i minori anche semplicemente per il solo fatto di essere nati in Italia o all’estero (è il caso del figlio nato da una coppia same sex femminile).

L’intervento della Corte costituzionale, con le sentenze n. 32 e n. 33 del 2021, ha stigmatizzato tale situazione rivolgendo un forte monito al legislatore al fine di provvedere a una disciplina che assicuri in maniera organica i diritti del minore. Tale monito ancora non è stato accolto, tant’è che disegni di legge in materia stanziano in Parlamento senza che vengano realmente discussi.

Nel fornire infine un quadro anche in merito al consenso a livello europeo e internazionale si è posto in evidenza come l’Italia, al contrario di altri paesi, non ha finora raccolto e valorizzato i mutamenti sociali e culturali avvenuti, mantenendo una discriminazione che si riverbera pesantemente tanto sul superiore interesse dei minori nati dalle tecniche menzionate, quanto sui loro genitori. Si è posto in evidenza, infine, come non sia presente nell’ordinamento italiano uno strumento diverso dalla trascrizione integrale dell’atto di nascita del minore nato da gestazione per altri, idoneo a garantire un pronto ed efficace legale tra il bambino e il genitore d’intenzione.