di Emilio Robotti

Nel caso Drozd c. Polonia (ricorso n. 15158/19) la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato lo stato polacco per la violazione dell’articolo 10 (libertà di espressione) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Il caso dei sig.ri Drozd, entrambi militanti del movimento civico Cittadini della Repubblica Polacca  (Obywatele RP) riguardava il divieto di accesso al Sejm (la camera bassa del Parlamento polacco) imposto ai ricorrenti per un anno, imposto per aver loro esposto uno striscione con la scritta “Difendi i tribunali indipendenti” (Brońcie niezależnych sadów) nel cortile del Sejm durante una protesta contro le riforme del sistema giudiziario previste dal governo Polacco (che hanno già interessato sia la Corte di Strasburgo, che quella di Giustizia dell’UE, per la crescente riduzione dell’indipendenza del sistema giudiziario della Polonia).

La Corte ha ritenuto di dover distinguere tra l’esposizione dello striscione, che si era verificato all’esterno dell’edificio parlamentare e gli incidenti verificatisi all’interno dell’aula parlamentare che avevano interferito direttamente con l’ordinato svolgimento del dibattito parlamentare. La Corte ha rilevato che il divieto era stato imposto senza il rispetto di alcuna garanzia procedurale. In particolare, i ricorrenti avevano semplicemente ricevuto delle lettere dal capo della sicurezza del Parlamento che li informava del divieto, emanato senza alcuna procedura di garanzia. Un divieto che, per di più, non prevede alcuna possibilità di impugnazione. La decisione della Corte è stata unanime.