dalla Redazione

Con decisione del 15 febbraio 2024, la Corte di Strasburgo ha dichiarato irricevibile il ricorso relativo al caso E. A. c. Italia (n. 34573/22), riguardante la violazione degli artt. 6 e 13 CEDU in relazione ad un procedimento di asilo.

La vicenda traeva origine dal respingimento della domanda di protezione internazionale del ricorrente, cittadino nigeriano, da parte della Commissione territoriale di Caserta. Dopo aver impugnato il provvedimento di respingimento della domanda di fronte al Tribunale di Napoli, che a sua volta lo aveva confermato, il ricorrente aveva deciso di agire di fronte alla Corte di cassazione. Tuttavia, il ricorso davanti al giudice di legittimità era stato respinto in quanto la procura presentava difetti formali.

Il ricorrente, dunque, adiva la Corte di Strasburgo, lamentando la violazione dell’art. 6 CEDU (diritto ad un processo equo) per eccesivo formalismo, altresì sostenendo che vi era una violazione dell’art. 13 CEDU (diritto a un ricorso effettivo) letto congiuntamente all’art. 3 CEDU (divieto di tortura e trattamenti degradanti) per essere stato privato di un ricorso effettivo avverso il rigetto della sua domanda di protezione internazionale.

La Corte europea, inopinatamente, ha dichiarato irricevibile il ricorso, non verificando se effettivamente i requisiti formali richiesti per il ricorso in Cassazione costituissero una violazione dell’art. 6 CEDU, limitandosi a ravvisare l’incompatibilità della materia del ricorso con le disposizioni della Convenzione (difetto di competenza c.d. ratione materiae) ai sensi dell’art. 35 CEDU (condizioni di ricevibilità del ricorso), in ragione del fatto che l’art. 6 CEDU non trova applicazione nelle procedure di asilo.