di Alessio Sangiorgi

Nell’ultimo mese l’Italia ha ricevuto una severa bocciatura del recente decreto-legge che ha introdotto delle restrizioni all’attività di salvataggio dei migranti nel Mediterraneo portata avanti da diverse organizzazioni non governative (d.l. 2 gennaio 2023, n. 1) da parte di svariati organismi internazionali di monitoraggio in materia di diritti umani.

Il nuovo decreto prevede che le imbarcazioni delle ONG che effettuano operazioni di Search & Rescue debbano raggiungere senza indugio il porto assegnato dalle autorità per lo sbarco. Si tratta di una disposizione che nella sua applicazione concreta comporta un duplice ordine di problemi. Anzitutto impedisce alle ONG di effettuare salvataggi multipli in mare, costringendole a ignorare altre richieste di soccorso nella stessa zona SAR qualora abbiano già persone a bordo. Inoltre, recentemente, le imbarcazioni delle ONG si sono viste assegnare porti del Centro e del Nord Italia come “place of safety” dove sbarcare i migranti salvati, esponendo in tal modo questi ultimi a prolungate sofferenze e potenziali pericoli di cui non si comprende invero la necessità.

Per altro, ai sensi del decreto, gli equipaggi a bordo delle navi hanno l’obbligo di registrare ogni persona che intenda presentare domanda di protezione internazionale. Le organizzazioni non governative che non rispetteranno le nuove stringenti regole sopra indicate saranno soggette a sanzioni amministrative, multe e al sequestro della nave.

Il primo richiamo sul decreto è arrivato dalla Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatović. Con una lettera indirizzata al Ministro dell’Interno Piantedosi, inviata in data 26 gennaio, la Commissaria ha denunciato che l’applicazione della nuova normativa appare essere in contrasto con gli obblighi dell’Italia in materia di diritti umani e diritto internazionale. In particolare, poiché “[t]he implementation of the Decree, paired with the practice of assigning distant places of safety, will have the foreseeable consequence of depriving the deadliest migration route of the life-saving assistance provided by NGOs”.

Un secondo stop è arrivato da Mary Lawlor, Special Rapporteur delle Nazioni Unite sulla situazione dei difensori dei diritti umani, secondo la quale “[t]he new legislation and instructions on ports of disembarkation are obstructing essential activities of civilian rescue ships”.

In ultimo, con un comunicato stampa del 16 febbraio, l’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Volker Türk, ha manifestato serie preoccupazioni sul decreto, sostenendo che potrebbe ostacolare la ricerca e soccorso delle ONG nel Mediterraneo centrale, con conseguente aumento delle morti in mare. “The law would effectively punish both migrants and those who seek to help them. This penalization of humanitarian actions would likely deter human rights and humanitarian organisations from doing their crucial work” ha soggiunto l’Alto Commissario.

Tutti i suddetti organismi avevano chiesto il ritiro del decreto-legge prima della conversione in legge o, in alternativa, una sua sostanziale modifica per rendere il testo conforme agli obblighi dell’Italia in materia di diritti umani e di diritto internazionale. Ciononostante, il decreto-legge è stato comunque approvato dal Parlamento con il voto definitivo in Senato dello scorso giovedì, 23 febbraio.