Comunicato stampa
L’Unione forense per la tutela dei diritti umani condanna e ritiene inaccettabili le sanzioni personali recentemente annunciate dal Governo degli Stati Uniti nei confronti di Francesca Albanese, Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati.
Nell’ambito del suo mandato di esperta indipendente incaricata di monitorare e riferire sulla situazione dei diritti umani in tali territori, la Relatrice Speciale ha presentato al Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU un rapporto dettagliato e documentato. In tale documento, vengono evidenziate le gravi responsabilità del Governo israeliano, di altri Governi e di grandi imprese multinazionali che con essi collaborano, nel determinare insopportabili sofferenze, massacri e atrocità su larga scala ai danni del popolo palestinese, in violazione dei diritti umani più essenziali.
Questo rapporto contiene, in particolare, una ricognizione delle imprese coinvolte e del modo in cui esse traggano ingenti profitti dalle attività militari condotte da Israele nei territori occupati. Questi profitti derivano sia direttamente, mediante la vendita di armi e sistemi bellici, sia indirettamente, mediante la fornitura di altri macchinari, attrezzature e servizi impiegati nella sistematica distruzione della vita palestinese: dalla demolizione delle case alla distruzione delle scuole, ospedali e altre infrastrutture, fino alla devastazione di terre destinante all’insediamento di nuove colonie illegali. Ciò avviene con modalità che richiamano la pulizia etnica e in un territorio ormai trasformato — come dichiarato dal Segretario generale dell’ONU — in una prigione a cielo aperto e in un campo di sterminio. Un territorio descritto anche come un gigantesco laboratorio per testare sul campo sistemi carcerari e di sorveglianza avanzati, con l’utilizzo di droni e intelligenza artificiale. A tutto ciò si aggiunge lo sfruttamento diretto delle risorse sottomarine, in acque illegalmente sottratte ai palestinesi, da parte delle imprese sopracitate, con licenze ottenute dal governo israeliano.
Il contenuto del rapporto non è stato in alcun modo confutato, e ciononostante la Relatrice speciale è stata oggetto di violente accuse e di una insistente campagna mediatica denigratoria promossa, come è emerso, su diversi siti sostenuti dal governo israeliano. Al centro della campagna vi è la ricorrente accusa di “antisemitismo” che ormai colpisce chiunque osi criticare le azioni del governo israeliano, siano essi anche ebrei residenti in diversi paesi del mondo o perfino ebrei residenti in Israele. Appare chiaro il fine ultimo di ostacolare il corso della giustizia internazionale, intervenuta con le pronunce sia della Corte Internazionale di Giustizia (che ha dichiarato l’illegalità dell’occupazione israeliana e ha inibito di proseguire le condotte incriminati, riservandosi di accertare se esse configurino un genocidio già nello scorso anno, prima della successiva intensificazione), che della Corte Penale Internazionale (che ha emesso mandati di arresto contro il primo ministro israeliano Benjamin Netaniahu e del’ex ministro della difesa Yoav Gallant). Inoltre, la campagna mira a salvaguardare gli interessi delle imprese coinvolte, molte delle quali di nazionalità statunitense, che traggono vantaggio dalla prosecuzione delle ostilità nei confronti del popolo palestinese.
Qualificando come “illegittimi e vergognosi gli sforzi di Albanese per fare pressione sulla Corte Penale Internazionale affinché agisca contro funzionari, aziende e leader statunitensi e israeliani” e sostenendo che le multinazionali non sono vincolate né dal diritto internazionale né dalle indicazioni dell’ONU, gli Stati Uniti hanno deciso di imporre sanzioni alla Relatrice speciale Francesca Albanese e di chiederne la rimozione dall’incarico, affermando che la sua azione è una grave violazione della sovranità degli Stati Uniti e del loro alleato Israele.
Tale condotta risulta manifestamente incompatibile con lo Statuto delle Nazioni Unite, i cui principi si fondano sul rispetto paritario del diritto internazionale e dei diritti umani. Rappresenta, inoltre, l’espressione di un atteggiamento insofferente a ogni forma di limite e controllo, che si inserisce in una tendenza che rischia di minare gravemente la legalità e la giustizia internazionale.
Tale provvedimento costituisce un pericoloso e preoccupante precedente, che si aggiunge all’analogo provvedimento adottato dalla prima amministrazione Trump contro l’ex Procuratrice capo della Corte Penale Internazionale Fatou Bensouda, la quale indagava sui crimini americani in Afghanistan, nonchè alle misure adottate dagli Stati Uniti contro il Procuratore capo Karim Khan e alcuni giudici della Corte, a seguito dell’emanazione dei mandati d’arresto nei confronti di Netaniahu e Gallant.
In quanto tale, l’imposizione delle sanzioni contro la Relatrice speciale è inaccettabile, come sottolineato dal portavoce del Segretario Generale dell’ONU Guterres. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, ha chiesto la “rapida revoca” delle misure adottate insieme alla cessazione di attacchi e minacce nei confronti dei titolari di mandato nominati dall’ONU — di cui sono uno “strumento essenziale” — così come contro istituzioni chiave quali la CPI. Türk ha inoltre invitato tutti gli Stati ad “astenersi da atti di intimidazione e ritorsione nei loro confronti” e a “collaborare pienamente” con loro.
Anche l’Unione Europea, attraverso il portavoce della Commissione Europea per gli Affari esteri, ha dichiarato di sostenere fermamente il sistema dei diritti umani delle Nazioni Unite, e di essere “profondamente rammaricata” della decisione degli Stati Uniti di imporre sanzioni a Francesca Albanese. Inoltre, ha aggiunto che “l’UE continua a sostenere gli sforzi volti a intraprendere indagini indipendenti sulle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale, comprese quelle che potrebbero configurarsi come crimini internazionali”.
Numerose voci si sono levate contro l’imposizione delle sanzioni e in sostegno di Francesca Albanese e del lavoro che essa svolge con grande impegno e coraggio, in particolare nel drammatico scenario della catastrofe umanitaria in atto nei territori palestinesi.
Come è stato rilevato dalla Segretaria generale di Amnesty International, i relatori speciali non sono nominati per compiacere i governi o per essere popolari, ma per adempiere al loro mandato. Il mandato di Francesca Albanese, rinnovato per altri tre anni dal Consiglio per i diritti umani dell’ONU, consiste nel difendere i diritti umani e il diritto internazionale, ossia denunciare i crimini commessi nella Striscia di Gaza e chiedere l’applicazione della giustizia internazionale —un compito essenziale in un momento in cui è in gioco la stessa sopravvivenza della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza occupata.
Non sorprende, dunque, che da più parti sia stata avanzata la candidatura di Francesca Albanese al Premio Nobel per la Pace, sottolineandone il ruolo di “prima voce degli orrori contro il popolo palestinese, che soffre terrore e disumanizzazione di proporzioni inimmaginabili a Gaza e in Cisgiordania”.
In questo quadro l’Unione forense per la tutela dei diritti umani esprime piena solidarietà alla Relatrice speciale sui diritti umani nei territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, e manifesta vivo apprezzamento per il lavoro da lei condotto; fa appello a tutti coloro che hanno a cuore la salvaguardia dei diritti umani e del diritto internazionale affinché sostengano pienamente il suo impegno; chiede alle istituzioni e al Governo italiano di adoperarsi al fine di ottenere rapidamente la revoca delle sanzioni a lei imposte.