di Alessio Sangiorgi
Il 18 dicembre 2025, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha emesso due importanti sentenze (nei casi Hamoudi c. Frontex e W.S., W.T., W.Y., W.Z., Y.A., Y.B. c. Frontex) riguardanti presunti respingimenti dalla Grecia alla Turchia.
Nel primo caso, il Tribunale Generale aveva inizialmente respinto la causa per mancanza di prove conclusive, nonostante fossero state fornite prove dettagliate, tra cui dichiarazioni testimoniali e articoli di stampa.
Tuttavia, la Corte di Giustizia ha annullato la decisione di primo grado, sottolineando che le vittime di pushback spesso incontrano difficoltà significative nel raccogliere prove. La sentenza Hamoudi ha stabilito che le vittime non devono fornire prove conclusive, ma piuttosto prima facie. La Corte ha anche ribadito che Frontex, responsabile delle attività di sorveglianza delle frontiere e della garanzia del rispetto dei diritti fondamentali, probabilmente possiede informazioni rilevanti per confermare i singoli episodi di respingimento.
La Corte ha concluso che il Tribunale Generale non aveva bilanciato correttamente l’onere della prova e che avrebbe dovuto indagare sui documenti di Frontex.
La seconda sentenza trae origine da un’operazione congiunta di rimpatrio condotta dalla Grecia con il supporto di Frontex. Alcuni cittadini siriani di etnia curda, sbarcati sull’isola di Milos, erano stati trasferiti verso la Turchia nonostante avessero manifestato, già sul territorio dell’Unione, la volontà di presentare domanda di protezione internazionale. Una volta giunti in Turchia, temendo di essere rinviati in Siria, essi erano fuggiti in Iraq. I ricorrenti avevano quindi adito il Tribunale dell’Unione europea chiedendo il risarcimento dei danni, anche morali, subiti a causa delle violazioni dei loro diritti fondamentali, ma la loro domanda era stata respinta.
Con la sentenza nella causa C-679/23 P, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha annullato in larga parte la decisione del Tribunale, affermando che, nell’ambito delle operazioni congiunte di rimpatrio, Frontex non può essere esclusa dalla responsabilità per eventuali violazioni dei diritti umani. La Corte ha chiarito che l’Agenzia UE, pur operando insieme agli Stati membri, può essere chiamata a rispondere in sede risarcitoria dei danni causati, qualora abbia contribuito all’azione lesiva, ribadendo così il principio secondo cui anche Frontex è soggetta al rispetto dei diritti fondamentali e può incorrere in responsabilità per la loro violazione.
I due casi sono stati ora rinviati al Tribunale Generale per una nuova pronuncia, che dovrà garantire una tutela giudiziaria effettiva per le vittime di violazioni come quelle denunciate.
Si tratta di sentenze gemelle fondamentali che rafforzano il diritto a una revisione giudiziaria effettiva e sembrano procedere finalmente verso la strada di accertare la responsabilità di Frontex per il suo ruolo nelle operazioni di controllo delle frontiere.





