di Sara Tosi

Nelle giornate del 13 e 14 maggio, a Lussemburgo, diciassette Stati (tra cui l’Italia) hanno firmato la Convenzione europea per la protezione dei legali, vale a dire il primo trattato internazionale giuridicamente vincolante che si pone l’obiettivo di garantire i diritti fondamentali della categoria professionale forense.

In base ad essa gli Stati aderenti dovranno garantire lo svolgimento dell’attività forense in assenza di minacce, molestie o di qualsiasi altro ostacolo mediante la creazione di misure protettive ad hoc. In altre parole, lo scopo non coincide soltanto con la predisposizione di un’adeguata tutela all’incolumità fisica dei singoli, ma altresì di una protezione da interferenze improprie per tutta l’attività difensiva sia in capo a questi che alle associazioni professionali.

In tal senso basti pensare al compito degli Stati di assicurare che le associazioni della classe forense siano indipendenti e autogovernate, ragion per cui esse dovranno essere consultate in merito alle proposte di legge riguardanti la professione. Inoltre, deve essere loro garantito il potere di stabilire standard deontologici così come di promuoverne il rispetto. A titolo esemplificativo, alcuni di questi possono essere così riassunti: dovrà essere concesso l’accesso ai clienti in carcere e ai materiali rilevanti in possesso delle autorità; dovrà predisporsi un’intangibile riservatezza delle comunicazioni riservate con gli assistiti, le quali non potranno in alcun modo costituire fonte per un’eventuale responsabilità civile o penale relativa a «dichiarazioni nell’esercizio della professione». Ancora, gli avvocati dovranno essere liberi di informare il pubblico sui loro servizi e su questioni attinenti ai casi loro sottoposti, pur nel rispetto dei limiti previsti dalla legge per la sicurezza e la privacy. 

Inoltre, la citata Convenzione prevede una puntuale vigilanza, sia tecnica che politica, in merito all’attuazione della stessa.  Da un lato, infatti, vi sarà un gruppo di esperti per la protezione degli avvocati (Gravo), mentre dall’altro, il Comitato delle parti, ovverosia un organo politico formato dai rappresentanti di tutti i paesi firmatari.

Da ultimo, si è fatto riferimento al ridimensionamento del procedimento disciplinare alla luce del corollario del giusto processo: in particolare, le sanzioni irrogate a conclusione di questo dovranno essere ispirate ai principi di legalità e proporzionalità e la radiazione dovrà essere contemplata soltanto in pendenza delle violazioni di maggiore gravità. 

Concludendo si riportano le parole del Ministro della Giustizia Carlo Nordio, il quale ha affermato di auspicare che «dopo le prossime riforme costituzionali anche il ruolo dell’avvocato sia riconosciuto e inserito nella carta fondamentale dello Stato».