di Valentina De Giorgio

Il 23 luglio 2025, la Corte internazionale di giustizia (CIG), il più alto organo giudiziale internazionale, ha depositato l’attesissimo parere consultivo riguardante obblighi degli Stati in relazione ai cambiamenti climatici. Si tratta di un parere storico, che, pur se privo di efficacia vincolante, potrebbe costituire la base per l’avvio di procedimenti contro Stati e imprese a livello internazionale e interno.

Il parere trae origine dall’iniziativa della Repubblica di Vanuatu, che nel 2022 aveva sollecitato l’Assemblea generale delle Nazioni Unite a richiedere alla Corte dell’Aia di esprimersi sulla tematica. Tale richiesta si è concretizzata con la risoluzione 77/276 del 29 marzo 2023, rivolgendo alla Corte due domande principali: in primo luogo, chiedeva quali fossero, ai sensi del diritto internazionale, gli obblighi degli Stati di garantire la protezione del sistema climatico e dell’ambiente; in secondo luogo, chiedeva quali fossero le conseguenze giuridiche in capo agli Stati della violazione di tali obblighi.

La Corte ha replicato affermando che gli Stati hanno l’obbligo di contrastare i cambiamenti climatici e che tale obbligo deriva non solo dai trattati internazionali (Convenzione quadro delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici, Protocollo di Kyoto, Accordo di Parigi), ma anche dal diritto consuetudinario. Gli Stati hanno l’obbligo di prevenire danni significativi all’ambiente agendo con la diligenza dovuta e adottando tutte le misure necessarie per prevenire le danni al sistema climatico e all’ambiente. Nel far ciò, la Corte ha richiamato il fondamentale principio delle responsabilità comuni ma differenziate, uno dei pilastri fondamentali del diritto internazionale ambientale, secondo cui tutti i paesi sono chiamati a tutelare l’ambiente, ma con gradi di impegno e responsabilità diversi, in base alle loro capacità e al loro contributo storico alle emissioni. La Corte afferma che gli Stati hanno, altresì, l’obbligo di cooperare in buona fede e di assicurare l’effettivo godimento dei diritti umani. Un inadempimento degli obblighi citati comporta un illecito internazionale, aprendo la strada ad azioni di responsabilità tra Stati: ogni Stato leso potrà invocare la responsabilità dello Stato che non ha rispettato i suddetti obblighi.

Il procedimento che ha portato al parere ha visto un livello di partecipazione senza precedenti, con il deposito di ben 91 osservazioni scritte da parte di Stati e organizzazioni internazionali. Il parere della Corte internazionale di giustizia è stato depositato poche settimane dopo quello della Corte interamericana dei diritti umani, pubblicato il 3 luglio 2025, e poco più di un anno dopo quello del Tribunale internazionale per il diritto del mare, adottato il 21 maggio 2024, a dimostrazione della fondamentale rilevanza della lotta al contrasto climatico.

Il messaggio della Corte dell’Aia è chiaro: la lotta ai cambiamenti climatici, che mettono a rischio l’intero pianeta e tutta l’umanità, deve essere una delle massime priorità degli Stati, che potranno essere ritenuti responsabili per illeciti internazionali nel caso di violazione degli obblighi a loro imposti.