Diverse vittime del sangue infetto presenteranno per tramite del loro legali un ricorso entro aprile alla Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo contro la sentenza della stessa Corte con la quale il 14 gennaio scorso ha condannato lo stato italiano al pagamento di 10 milioni di euro per la durata dei tempi della giustizia sulla vicenda. Ad annunciarlo oggi l’avvocato Anton Giulio Lana, Presidente dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani, che da tempo segue la vicenda, in un incontro in cui, insieme al comitato vittime sangue infetto, e’ stato sottolineato non solo che la sentenza non segna la svolta per le migliaia di persone contagiate da Hiv ed epatite dopo aver ricevuto trasfusioni di sangue tra gli anni ’70 e ’90, ma soprattutto che la Corte, pur non entrando nel merito, avalla le azioni di risarcimento previste dal governo con un emendamento alla legge Madia del ministro della Salute Beatrice Lorenzin nell’agosto 2014, per cifre pari a 100mila euro mentre alcune transazioni effettuate nel 2003-2004 erano pari a 450mila euro. “Il rinvio alla Grande Camera presuppone la valutazione di un collegio cinque giudici, l’ammissione non è scontata – spiega Lana – cercheremo di forzare la mano, non ci fermiamo per mancanza di giurisprudenza o giurisprudenza avversa”. “E’ stata accolta positivamente una decisione che, dati alla mano, non ripaga affatto le decine di migliaia di cittadini che da oltre trent’anni attendono di essere risarcite” aggiunge Andrea Spinetti, portavoce del Comitato. Mentre il segretario dei Radicali italiani Riccardo Magi evidenzia che questa vicenda “e’ una violazione sistematica dei diritti fondamentali, una negazione di giustizia verità e trasparenza” e Filomena Gallo, segretaria dell’Associazione Luca Coscioni, rileva “ci sono continue trattative al ribasso sul risarcimento a persone che sono in stato di fragilità perché hanno contratto un virus che le ha condannate per tutta la vita”.