di Adriana Raimondi

Il comitato Etico delle Marche si è trovato per la prima volta a dover verificare la sussistenza dei presupposti fissati dalla Corte Costituzionale nel caso Cappato (Corte Costituzionale sent. n. 242 del 2019) al fine di autorizzare il suicidio assistito di un paziente tetraplegico.

Il Tribunale di Ancona infatti, nella ordinanza di giugno 2021, riconoscendo la sussistenza di un diritto al suicidio assistito, ordinava al comitato etico di verificare la sussistenza dei requisiti necessari per accedere alla procedura e in caso positivo ammettere il paziente alla somministrazione del farmaco letale.

La pronuncia del Tribunale di Ancona risultava essere la prima attuativa della sentenza della Corte Costituzionale n. 242 del 2019 con cui veniva dichiarata l’incostituzionalità dell’art. 580 nella parte in cui non esclude la punibilità  di chi “ agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. Nella pronuncia in commento la Corte fissava dei presupposti alla cui sussistenza e previo parere del comitato etico territorialmente competente, potrebbe essere autorizzato il suicidio assistito di un paziente. In particolare, si richiede che la persona sia “(a) affetta da una patologia irreversibile e (b) fonte di sofferenze fisiche o psicologiche, che trova assolutamente intollerabili, la quale sia (c) tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale, ma resti (d) capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. Nei casi considerati la decisione di morire potrebbe tra l’altro già essere presa dal paziente con effetti vincolanti nei confronti di terzi, vista la possibilità data dalla legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento), di richiedere l’interruzione dei trattamenti di sostegno vitale in atto.

Orbene, secondo il Comitato Etico dell’Asl Marche tutti questi requisiti erano soddisfatti nel caso sottopostele. Ciononostante, la Regione Marche in una sua nota del 23 novembre comunicava che l’ordine di procedere al suicidio assistito deve arrivare direttamente dal Tribunale, che, però, di fatto si è già espresso dando origine con la sua decisione all’iter in commento.

Fa sapere l’associazione Coscioni, che sta assistendo il paziente in questione, di aver diffidato nuovamente l’Azienda sanitaria unica regionale “ad effettuare come previsto dal Tribunale di Ancona in tempi brevissimi le dovute verifiche sulla modalità, la metodica e il farmaco idonei a garantire la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile”.

Urge senz’altro una legge in materia, che però tarda ad arrivare nonostante le forti istanze provenienti dalla società civile. Da anni stanzia infatti in parlamento un disegno di legge di iniziativa popolare sul suicidio assistito che non è stato ancora approvato neanche dalle Commissioni e alla cui promulgazione potrebbe verosimilmente precedere l’approvazione del referendum sull’eutanasia legale (che si riferisce però alla c.d. eutanasia attiva).