di Massimo Benoit Torsegno 

Nel suo primo rapporto, la nuova Special Rapporteur sull’indipendenza dei Giudici e degli Avvocati eletta nel mese di Ottobre 2022, Prof.ssa Margaret Satterthwaite, presenta il suo metodo di lavoro, sottolineando come il momento attuale richieda di rinvigorire e riconcepire istituzioni e norme giudiziarie.

In particolare, occorre reimmaginare il ruolo ed il fondamento dello Stato di Diritto e dell’accesso alla Giustizia, rinnovando l’impegno a tutela di tali principi e dialogando con coloro che generalmente vengono lasciati fuori dalla protezione della Legge.

Per ripensare l’accesso alla giustizia occorre assicurare che ognuno possa godere di tutti i diritti umani.

Quindi, poiché gli avvocati e la giustizia di prossimità giocano un ruolo chiave in tale impresa, potendo smantellare le dinamiche di esclusione esistenti a danno dei soggetti e/o gruppi marginalizzati, da un lato, gli avvocati devono esercitare liberamente la professione e disporre delle risorse necessarie, e, dall’altro, occorre aderire all’idea di un più ampio “ecosistema legale” che riconosca il ruolo dei cd. “paralegals” per migliorare e sviluppare il servizio legale a favore delle comunità isolate.

Il Rapporto premette, innanzitutto, che, secondo la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e tutti i successivi Trattati in materia, la possibilità di rivolgersi ad un Tribunale imparziale ed indipendente è un diritto assoluto che non subisce alcuna eccezione, per cui gli Stati devono adottare misure atte a garantire l’indipendenza del sistema giudiziario, la quale, a sua volta,  gioca un ruolo fondamentale nel proteggere i diritti a fronte dell’ondata globale di autocratizzazione e decadimento della democrazia, il cui tratto caratteristico è costituito, proprio, dall’attacco all’indipendenza del potere giudiziario.

Esso evidenzia, poi, come nuove ed ulteriori sfide siano  collegate alla crisi climatica (che pone problemi nuovi e complessi) ed alle tecnologie digitali (in particolare alla disinformazione ed agli attacchi on line), e, pur prendendo atto che già molti sistemi giudiziari hanno adottato l’intelligenza artificiale per vari scopi ed attività, osserva come essa incida sullo spazio decisorio e come, quindi, le decisioni algoritmiche possano mettere in pericolo lo stato di diritto e l’indipendenza dei giudici.

Il Rapporto mostra, poi, preoccupazione per i possibili effetti distorsivi che il potere dei soggetti economici e delle grandi società può esercitare sull’indipendenza dei giudici e sottolinea come il diritto ad un tribunale imparziale ed indipendente comporti che esso non sia inquinato da razzismo, pregiudizi etnici e discriminazione di genere.

Infatti, per poter esercitare il proprio ruolo di difensori dell’eguaglianza nel quadro dello stato di diritto, gli organismi giudiziari debbano essere composti in modo diversificato e rappresentativo (in attuazione dei principi di non discriminazione in base al sesso, all’etnia, alla disabilità, sanciti dalle  Convenzioni internazionali e richiamati al punto 16,7 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile della c.d. Agenda 2030) tanto che il precedente rapporteur aveva chiesto agli Stati di assicurare che, entro tale termine, almeno il 50% dei giudici fossero donne.

Infine, il Rapporto sottolinea la necessità di garantire l’integrità giudiziaria a livello individuale sancita dai “Bangalore Principles of Judicial Conduct” del 2002, nonché l’esigenza di rafforzare il ruolo di “Independent Prosecutors” nella protezione dei diritti umani, auspicando la transizione verso una giustizia riparativa idonea a risolvere il problema dell’abuso dell’incarcerazione, esplorando politiche di depenalizzazione.

Quindi, passando ad esaminare gli ostacoli all’indipendenza degli avvocati ed all’accesso alla giustizia, viene sottolineato che il ruolo fondamentale degli stessi in tale ambito è stabilito dalla normativa internazionale ed, in particolare, dall’art. 14 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, il quale, garantisce, appunto, l’accesso alla difesa ed alla scelta di un difensore per coloro che sono accusati di crimini e l’assistenza gratuita quando essi non hanno mezzi sufficienti.

A tal proposito, la Rapporteuse si dichiara gravemente preoccupata dalla circostanza che, sempre più spesso, gli avvocati sono bersaglio di attacchi in ragione della loro attività e, soprattutto quelli impegnati nella difesa dei Diritti Umani, sono esposti al rischio di minacce, arresti, persecuzioni, imprigionamento e morte, sottolineando come ciò violi non solo i diritti di questi ultimi ma anche il diritto di ciascun individuo ad un processo equo e ad un livello di tutela dei Diritti Umani garantita dalle regole di Legge e dal funzionamento del sistema giudiziario.

Parallelamente, essa manifesta l’intenzione di smantellare strutture e pratiche interne al sistema legale che possano violare i Diritti Umani, in quanto basate sulla razza o l’identità etnica, il sesso o l’orientamente sessuale, l’identità di genere, la capacità, lo status migratorio od altro.

Quindi, dopo aver richiamato le stime della “Task Force on Justice” relative al 2019, secondo le quali 253 milioni di persone (tra cui 40 milioni vittime di schiavitù, 12 milioni di apolidi e più di 200 milioni che vivono in comunità ove l’alto livello di insicurezza rende impossibile cercare giustizia) sono in condizione di estrema ingiustizia, un miliardo e mezzo di persone non riesce a risolvere i propri problemi giudiziari e quattro miliardi e mezzo (non avendo identità, alloggio sicuro e lavoro regolari) sono, di fatto, esclusi dai diritti previsti dalla Legge, il Rapporto osserva come gli avvocati si oppongano spesso all’eventualità che altri soggetti, seppur formati e preparati ma che non abbiano la qualità di giuristi, possano fornire informazioni e servizi di difesa alle comunità per accedere alla giustizia.

Dopo aver premesso che, pur essendoci molti avvocati nel mondo, essi sono spesso scarsi nei luoghi ove i problemi sono più gravi, come i luoghi di detenzione e le comunità emarginate, viene sottolineato come gli avvocati non siano i soli in grado di accompagnare chi cerca soluzioni a problemi giudiziari e come i c.d.“laici addestrati” (“paralegals” “community-based justices advocates”, “barefootlawyers” e “legal navigator”) possano fare la differenza nell’aiutare comunità ed individui a conoscere i loro diritti ed a capire come usare la legge per risolvere i problemi, ed, anzi, siano, spesso, in una posizione migliore per fornire servizi tagliati sulle necessità di specifici gruppi e comunità, in quanto hanno diretta conoscenza di situazioni che, invece, gli avvocati non conoscono.

Quindi, sulla scorta di tali considerazioni, il Rapporto giunge alla conclusione che, al fine di ridurre le ineguaglianze in materia di giustizia, occorre riconoscere l’esperienza ed il ruolo dei “laici addestrati”, allargando l’”ecosistema legale”, pur proteggendo, contemporaneamente, il ruolo speciale svolto dagli avvocati nell’ambito di esso.