di Emilio Robotti

Il Sudafrica ha presentato il 29 dicembre 2023 un’istanza contro Israele presso la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ), organo giudiziario delle Nazioni Unite, denunciando violazioni da parte di Israele degli obblighi previsti dalla Convenzione sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio in relazione ai palestinesi della Striscia di Gaza.

Nell’istanza il Sud Africa sostiene che gli atti e le omissioni di Israele sono di carattere genocida, in quanto commessi con l’intento specifico di distruggere i palestinesi di Gaza, quale parte di una più ampia comunità facente parte del gruppo nazionale, razziale ed etnico palestinese e che la condotta di Israele nei confronti dei Palestinesi di Gaza – attraverso i suoi organi statali, agenti statali e altre persone ed entità che agiscono su sua istruzione o sotto la sua direzione, controllo o influenza – viola gli obblighi previsti dalla Convenzione sul Genocidio.

Israele, in particolare dal 7 ottobre 2023, secondo l’istanza sudafricana, ha omesso di prevenire il genocidio in atto e di perseguire gli autori di incitamento diretto e pubblico al genocidio in atto; anzi, Israele ha violato, e continua a violare, i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio, e vi è il rischio che continui a mettere in atto ulteriori atti di genocidio contro il popolo palestinese a Gaza.

Il Sudafrica fonda la giurisdizione della Corte Internazionale di Giustizia (organo delle Nazioni Unite, che sottopone a giudizio gli Stati) sull’art. 36, paragrafo 1, dello Statuto della Corte e sull’art. IX della Convenzione sul Genocidio, di cui sia il Sudafrica che Israele sono parti.

Lo stato sudafricano ha chiesto anche l’emanazione di misure provvisorie, ai sensi dell’art. 41 dello Statuto della Corte e degli artt. 73, 74 e 75 del Regolamento della Corte al fine di “proteggere da ulteriori danni gravi e irreparabili ai diritti del popolo palestinese ai sensi della Convenzione sul Genocidio” e “per garantire il rispetto da parte di Israele dei suoi obblighi ai sensi della Convenzione sul Genocidio”.

Ai sensi dell’art. 74 del Regolamento della Corte, la richiesta per l’indicazione di misure provvisorie ha la priorità su tutti gli altri casi. La Corte ha infatti fissato udienza per l’11 gennaio 2024 (esposizione orale degli argomenti del Sudafrica) e per il 12 gennaio 2024 (esposizione orale delle argomentazioni di Israele).

Nell’esporre le proprie difese in tali udienze pubbliche, Israele non ha potuto negare le oltre 23mila vittime nei tre mesi di operazioni militari.

Israele ha però sostenuto che le operazioni militari non hanno avuto e non hanno l’intenzione di sterminare la popolazione palestinese, ma solo l’obiettivo di colpire Hamas: ogni conflitto armato che si svolga in aree urbane, comporta inevitabilmente la perdita di vite civili, sostiene la difesa israeliana, che ha denunciato a propria volta il movimento islamista di utilizzare la popolazione civile come scudi umani per rallentare l’offensiva israeliana.

La Corte ha accolto parzialmente il ricorso sudafricano con una decisione che susciterà un ampio dibattito. Pur non riconoscendo l’esistenza di un genocidio in atto e senza ordinare la cessazione delle operazioni militari di Israele a Gaza, la Corte ha accolto la richiesta di misure provvisorie per la prevenzione e punizione degli atti di incitazione pubblica del genocidio e per l’accesso urgente ai servizi essenziali e all’assistenza umanitaria della popolazione civile di Gaza.

In particolare, la Corte ha ordinato che:

  1. lo Stato di Israele, in conformità con i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio, in relazione ai palestinesi di Gaza, dovrà adottare tutte le misure in suo potere per impedire la commissione di tutti gli atti che rientrano nel campo di applicazione dell’art. II di questa Convenzione, in particolare:

(a) l’uccisione di membri del gruppo palestinese;

(b) causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo palestinese;

(c) infliggere deliberatamente al gruppo palestinese condizioni di vita tali da provocarne la distruzione fisica in tutto o in parte distruzione fisica, totale o parziale;

(d) imporre misure volte a impedire le nascite all’interno del gruppo palestinese;

  1. lo Stato di Israele garantirà con effetto immediato che le sue forze armate non commettano nessuno degli atti descritti al punto 1;
  2. lo Stato di Israele prenderà tutte le misure in suo potere per prevenire e punire l’incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio in relazione ai membri del gruppo palestinese nella Striscia di Gaza;
  3. lo Stato d’Israele adotterà misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura di servizi di base urgentemente necessari e di assistenza umanitaria per affrontare le condizioni di vita avverse di vita dei palestinesi nella Striscia di Gaza;
  4. lo Stato di Israele adotterà misure efficaci per prevenire la distruzione e garantire la conservazione delle prove relative alle accuse di atti che rientrano nell’ambito dell’art. II e dell’art. III della Convenzione sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio contro i membri del gruppo palestinese nella Striscia di Gaza.

Difficile per Israele, anche senza esplicito ordine di cessare il fuoco, adempiere a tali prescrizioni senza interrompere le proprie operazioni militari, dovendo anche relazionare alla Corte entro un mese sulle misure adottate per ottemperare all’ordine ricevuto.

La decisione, che certamente non soddisfa pienamente nessuna delle parti coinvolte, ma applica come visto prescrizioni significative nei confronti di Israele, si segnala anche per il riconoscimento dei palestinesi come gruppo nazionale. Inoltre, anche se non è per nulla scontato che lo stato israeliano accetti la decisione della Corte e vi dia esecuzione, essa vincola anche tutti gli Stati parte della Convenzione sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio, che dovranno riconsiderare il proprio appoggio alle operazioni militari dello stato israeliano a Gaza.